Diritti, principi e soprusi

settembre 23, 2007

Penso di essere una persona pacata, educata e gentile e mi impegno ogni giorno di piu ad esserlo..

Questo non significa che io sia una persona mansueta e sottomessa.

Anzi, sono spesso stato definito, a scuola, al lavoro, in famiglia, un rompiscatole, per la mia ostinazione a far valere le mie ragioni, ad esprimere il mio pensiero, e a difendere i diritti, miei e degli altri.

Ho letto, sia per passione sia per lavoro quando lavoravo nella gestione del personale e nei servizi clienti, diverso materiale sull’assertività, e sono convinto, che essa e la gentilezza spontanea e disinteressata siano gli strumenti migliori per garantire una società civile, giusta e conviviale. In certe situazioni e con certe persone però ne la gentilezza ne l’assertività servono, o non mi frega nulla usarle e allora accantono la pacatezza e senza per questo essere violento, inizio piccole e accese battaglie di principio.

Venerdi sera, io, Francesca e un gruppo di una decina di amici/conoscenti, siamo stati invitati a raggiungere un nostro vecchio conoscente che festeggiava il suo compleanno in un elegante ristorante/discoteca di Milano. Arrivati all’entrata, ci si porgono innanzi 4 addetti alla sicurezza e alle liste di ingresso e con il loro volto freddo pieno di sufficienza e supposta superiorità ci scansano con un gesto infastidito. Neanche fossimo un branco di cani randagi, ci viene negato l’ingresso data la nostra scarsa eleganza. Siccome eravamo tutti reduci da un normale venerdi di lavoro a cui era seguito un normale e tranquillo aperitivo, eravamo vestiti in modo del tutto normale, ne in giacca e cravatta (il venerdi spesso molti di noi in azienda hanno il cosiddetto casual day, e molti altri non hanno la costrizione a questa divisa..) ma nemmeno in tuta da lavoro o pantaloncini. Molti degli uomini del gruppo erano in polo, pantalone e scarpa da tennis.

Il principale indiziato di questo attentato al decoro del locale ero probabilmente io, coi miei lunghi capelli aggrovigliati in grossi dread e con ai piedi del sandali (tra l’altro, discretamente eleganti sandali neri di cuoio, mica infradito di plastica). A parte questo ero forse uno dei vestiti meglio nel mio gruppo, camicia scura e jeans. La maggior parte delle ragazze e dei ragazzi del mio gruppo cominciano a spiegare a questi San Pietro dell’eleganza che non sono vestiti in modo indecoroso, che sono stati invitati da un loro amico che ha prenotato il locale per la festa e quindi li pregano di lasciarci entrare. Loro sono irremovibili. Mentre scattano le telefonate per far uscire il nostro conoscente, io comincio ad essere molto infastidito dalla situazione. Infatti, io odio andare per locali, spesso la musica, e gli avventori, non mi piacciono e devo pagare cifre assurde per cocktail schifosi serviti in bicchieri di plastica stracolmi di ghiaccio. Quando poi si tratta di locali come questo, da piccola elitè del popolino, in cui ignoranti palloni gonfiati si sentono come Dio in terra durante il giorno del giudizio, allontanando i personaggi a loro sgraditi mentre i prescelti entrano con passo spavaldo e fiero e anche con uno sguardo di disprezzo misto a compassione per i reietti che rimangono fuori, il mio interesse per la serata svanisce e mi ribolle dentro uno schifo per la pochezza di queste persone.

La consapevolezza, tra l’altro, del fatto che questo tipo di selezione all’ingresso, per quanto in molti casi necessaria e anche ben accetta, sia del tutto illegittima ed illegale non trattandosi di club privati, mi fa scattare dentro un desiderio di sputtanamento totale di questi soggetti.

Si lo ripeto, per legge non è consentito rifiutare l’ingresso in un locale pubblico, no i ristoranti, le discoteche e i pub sono esercizi privati ma sono locali pubblici quindi, a meno che non si tratti di circoli o club privati, non possono rifiutare l’ingresso a nessuno!! Certo, la mia può sembrare una povera ed infantile battaglia, motivata da un sentimento di rivalsa per le tante volte in cui mi sono sentito escluso.. ma non è cosi, a me di entrare in quei posti non può fregar di meno, mi da solo fastidio l’ignoranza delle persone e che si possano violare i diritti delle persone, e interpretare a proprio modo le leggi.

Inoltre mi urta il fatto che chiunque frequenti locali con selezione all’ingresso, sia succube di questa procedura e pensi che sia necessaria e prevista dalla legge.
La mia personale rivalsa nei confronti del locale, non era però ancora iniziata. Ero ancora nella fase assertiva, con un tono deciso ho chiesto a quello che sembrava il capo dei buttafuori, un individo con la pelle incartapecorita dalle lampade, e i capelli lunghi biondi e ingellati, che neanche Lapo nei tempi migliori, quale fosse il problema.

Mi risponde che non siamo vestiti a modo e con i sandali non si entra. Gli richiedo se il problema è solo quello e gli spiego che posso recuperare in macchina le scarpe eleganti e la giacca (tornavo dal lavoro e durante l’aperitivo mi ero messo un po in libertà…). Vado alla macchina , mi cambio e torno all’ingresso dove i miei amici e gli altri componenti del gruppo mi riferiscono che il mio “atteggiamento aggressivo e prepotente” non è stato gradito dagli uomini della selezione. La realtà era invece che il fatto di non essere stato remissivo e non averli scongiurati in tono supplichevole di ottenere il permesso di entrare (quando invece è un diritto tutelato dalle leggi) aveva messo in discussione, di fronte a decine di altre persone in coda, la loro autorità e il loro status di paladini della sicurezza e del decoro in grado di concedere favori in modo del tutto arbitrario.

Ci avviciniamo all’ingresso e passano tutti, anche quelli in scarpe da ginnastica, polo e felpa, veniamo fermati solo io, Francesca, Tonello, Swootry ed un suo amico. Noi tre colpevoli solo di aver commesso il reato di dissidenza davanti al locale e gli altri due per essere con e dietro di noi. A questo punto, gli animi si accendono, io e Francesca cominciamo a parlare di leggi e diritti, inutilmente vista l’ignoranza delle persone al servizio del locale che si parano davanti forti della loro stazza e del loro sguardo truce. Di fronte alla nostra insistenza, la buttano sempre sul personale e ci suggeriscono di spostarci di qualche decina di metri dall’ingresso per “chiarire” la situazione. Sapendo che sarebbe solo un pretesto per evitare disturbi davanti al locale e passare alla violenza nei nostri confronti inosservati, continuiamo il nostro picchetto… Ciononostante altri soggetti vestiti molto casual entrano lo stesso e io chiedo a tutti i presenti, e a loro, scusandomi e senza nessun intento offensivo ne sarcastico se essi fossero più o meno eleganti di noi. Riceviamo appoggio anche da alcune delle persone interpellate ma a questo punto non è più questione di abbigliamento ma di ordine pubblico. La nostra “arroganza” non è gradita.

L’amico di Swootry, infastidito dal fatto di non poter entrare nel locale pù di quanto interessasse a noi tre, con meno argomentazioni e più impulsività abbandona il dialogo e comincia ad urlare che lui non ci conosce nemmeno (in effetti non l’avevamo mai visto prima di allora), che abbiamo torto per i modi ma dobbiamo tutti entrare o perlomeno lui.. La security si allarma per la sua focosità e avviene un acceso scambio di improperi finchè, il tipo accusa uno di loro, egiziano, di starsene zitto visto “che non sa nemmeno parlare l’italiano”. La situazione degenera, i corpi si protendono allo scontro, sotto i nostri sguardi, ma io decido di intromettermi di nuovo, questa volta a difesa del buttafuori egiziano. Allontano l’amico di Swootry dicendogli che il fatto che fosse straniero e non parlasse bene italiano non c’entrasse nulla con la nostra discussione e mi allontano con l’energumeno pregandolo di scusare l’atteggiamento inutilmente razzista e cercando di riportare il tutto ad un maggior livello di dialogo civile.

L’amico di Swootry risale in auto e se ne va incazzato e sgommando, mentre noi riprendiamo la nostra specie di picchetto davanti al locale.

I quattro tizi all’ingresso sono irremovibili quindi siccome di entrare non se ne parla nemmeno più, si passa alla difesa dei principi di legalità e dei diritti quindi Francesca chiama la polizia.

Mentre attendiamo l’arrivo della volante si va avanti in discussioni e confronti con altri avventori che indipendentemente dall’abbigliamento entrano con disinvoltura. Una ragazza, sentita, inutilmente, chiamata in causa, si volta ad un passo dalla soglia per scagliarmi addosso tutta la sua frustrazione di velina mancata dicendomi che se mi tagliassi i miei schifosi capelli forse avrei qualche speranza di entrare in posti chic come quello.. Esterrefatto e ferito da quell’inutile intervento, riesco solo a ribattere, con una grande caduta di stile, che almeno io i capelli li posso tagliare mentre lei la sua brutta faccia se la dovrà tenere per sempre..
Finalmente arriva la polizia, ci chiede spiegazioni e mentre noi riferiamo che gli addetti del locale ci stanno impedendo l’ingresso, (ribadiamo che non è legittimo vietare l’ingresso, qualunque sia il motivo, al limiete è possibile, e giusto, allontanare dal locale in caso di dimostrato disturbo o altri abusi) ed ecco che arriva il proprietario (che fino a quel momento si era negato), un tipo tozzo con magliettina aderente e capello ingellato, il quale, con voce accomodante spiega ai due poliziotti che il motivo per cui non ci era concesso l’ingresso non era affatto legato all’abbigliamento o al comportamento ma che il ristorante era pieno e venivano fatte entrare solo persone in lista. A queste assurdità facciamo notare che molta altra gente continua ad entrare senza il minimo scrupolo ne controllo di liste e che comunque noi rientriamo nella lista poichè il nostro amico ha prenotato il locale. Il proprietario fa il lecchino con le autorità e li invita a seguirli per constatare quanto il locale sia strapieno ed eventualmente incontrare il nostro amico per una verifica delle liste.

Entrano nel locale e ci rimangono quasi una mezzora e Francesca non viene nemmeno lasciata entrare per verificare cosa stia succedendo all’interno del locale tra il padrone e la polizia. Dopo un po ecco uscire la polizia seguita dal nostro conoscente, il quale ci spiega che non c’è verso di farci entrare perchè non è piaciuto il nostro comportamento e la polizia ci conferma che non c’è nulla da fare se non sporgere una querela nei confronti del locale.

Nel frattempo molta gente presente fuori dal locale si è dileguata, forse disturbata dalla presenza delle autorità, probabilmente a disagio per il posseso di svariate sostanze. Noi non siamo fra quelli e non abbiamo nulla di cui temere e rimaniamo a parlare a lungo con i due poliziotti, che sono impossibilitati ad intervenire oltremodo ma comunque molto disponibili. Riconoscono che non siamo sotto effetto di nessuna sostanza, ne che siamo degli esagitati ma ci confermano che non possono costringerli a farci entrare e l’unico modo per procedere è far seguire alla loro chiamata, una querela, per la quale dovremmo andare in questura, ma, ci avvisa potremmo correre il rischio di una controquerela. A che titolo ci chiediamo noi… ci comunicano che come noi li accusiamo di aver violato la legge non facendoci entrare loro ci potrebbero querelare per aver disturbato la quiete del locale, il decoro e la sua immagine e magari anche di tante altre cose inventate ma per le quali non farebbero affatto fatica a trovare testimoni.

Sentirci dire queste cose ci fa molto male ed evitiamo di perdere altro tempo. La serata è andata e in fondo ci dispiace anche aver coinvolto un nostro conoscente in un fatto spiacevole. Salutiamo la polizia e altri nostri amici che nel frattempo sono usciti per una sigaretta e ci avviamo alla nostra macchina.

Rimaniamo a lungo a discutere dell’accaduto io, Francesca ed Antonello e siamo tutti veramente sconvolti per il fatto che nonostante le leggi non si possa fare nulla, a meno che non si abbia anche il tempo e il danaro per imbarcarsi in cause infinite..

Con altri dei presenti sorgono ipotesi di corruzione, molti sono convinti che il fatto che la polizia si sia intrattenuta cosi a lungo con il proprietario farebbe pensare ad una piccola mazzetta per farli tacere ed allontanarci, facendoci pure desistere da eventuali querele.

Io preferisco non pensare ad una tale eventualità, ma allo stesso tempo non potrei esserne che contento. quantomeno, oltre alla cattiva pubblicità fatta per un paio d’ore davanti al locale, almeno il proprietario ci avrebbe smenato un po di soldi, invece di guadagnarne un bel po con le nostre consumazioni… e questo solo per stupidi pregiudizi!

Tonello sostiene che cosi non abbiamo concluso niente e se siamo arrivati fin li dovremmo querelarli, Francesca invece è avvilita perchè sostiene che abbiamo perso la nostra battaglia visto che alla fine non siamo entrati. Il discorso passa poi su argomenti più generici di principi, diritti e libertà personali.

Ci riferiamo al fatto che cosi come un locale aperto al pubblico non possa fare selezione all’ingresso, supermercati e negozi non possano costringerti a depositare o incellofanare la propria borsa ne tantomeno eseguire perquisizioni, non solo, non potrebbero nemmeno trattenerti in attesa dell’arrivo della polizia. Non approviamo assolutamente il furto o il taccheggio ma se ci sono delle leggi che tutelano le libertà personali queste, in nome del rischio imprenditoriale del negozio, non devono essere limitate in alcun modo.

Antonello, cosi come la maggior parte delle persone, purtroppo, non trova questo particolarmente grave e ritiene che se non si ha niente di cui temere o da nascondere non ci deve esser motivo di rifiutare un controllo o il deposito della borsa… Secondo noi il problema sta proprio in questo.. se la legge ci tutela e ci permette una determinata libertà, per nessun motivo dobbiamo rinunciarvi e per questo motivo doverci anche sentire in torto o guardati in modo sospetto!! Se il problema sono i furti, si devono cercare altri rimedi senza far ricadere il tutto su cittadini onesti.

Ragionando di questo passo si arriverebbe, ragionando per paradossi, a provvedimenti di restrizione delle libertà personali ben più gravi o si potrebbe anche giustificare il fatto che gli ebrei durante la seconda guerra mondiale fossero costretti ad indossare la stella di David. In fondo, ebrei erano, e se non avevano di che vergognarsi nell’esserlo perchè non indossarla per farsi riconoscere…??

Siamo allibiti che un nostro caro amico non riesca a vedere il punto della nostra discussione! Figurarsi la maggior parte della gente… Ad ogni modo decidiamo di concludere la serata e tornarcene ognuno a casa propria. Io e la Fra rincasiamo ancora un po sconvolti, lei scossa per quella che sostiene essere stata una sconfitta.

Io le spiego che le uniche cose che mi hanno ferito sono le divergenze di opinione con Antonello per qualcosa che ritengo fondamentale e gli insulti totalmente gratuiti della tipa all’ingresso mentre in realtà non penso affatto di essere stato sconfitto. Mi sarei sentito sconfitto se la mia smania di entrare in un locale mi avesse fatto abbassare la testa, mettere da parte la mia dignità e costretto a supplicare a dei poveri ignoranti che fanno un lavoro ingrato, la concessione di entrare. In fondo siamo stati coerenti con le nostre idee, eravamo nel giusto, non avevamo nulla di cui temere (non siamo vandali ne teste calde, non eravamo ubriachi ne eravamo in possesso, o avevamo fatto uso, di alcuna droga) e non ci siamo umiliati per una serata in discoteca. Certo, non siamo entrati, e il proprietario del locale e quelli della sicurezza non avranno cambiato idea su “quelli come noi”, anzi forse avranno rafforzato il loro pregiudizio di attaccabrighe comunisti ma almeno mi rimane la consolazione che gli abbiam fatto passare due ore pessime, fatto entrare la polizia nel locale preoccupando un po gli avventori e magari abbiano dovuto pure sborsare qualche piccola o grande sommetta per liberarsi di noi!!